Giovanni Pico della Mirandola nacque a Mirandola, un paese vicino Modena, il 24 febbraio 1463.

L’episodio più clamoroso della sua vita è legato a un grandioso progetto ideato nel 1486: bandire una grande discussione tra dotti convocati da ogni parte per discutere 900 tesi da egli stesso elaborate e intitolate Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae [Tesi di filosofia, di cabala e di teologia].

Come discorso inaugurale della disputa avrebbe dovuto essere l’Oratio de hominis dignitate [Orazione sulla dignità dell’uomo], considerata l’orazione più famosa del Quattrocento. L’orazione sostiene l’assunto della dignità dell’uomo, tema ricorrente nella cultura umanistica, fondandola sul libero arbitrio concesso da Dio all’uomo. L’uomo, cui Dio ha concesso libero arbitrio, può plasmare la propria vita come un’artista la propria opera. Inoltre, collocato nel centro del mondo, può meglio dominarlo, anche se dipende solo da lui se innalzarsi verso le cose superiori oppure degenerare in quelle inferiori.

Pico della Mirandola difende poi il metodo di trarre la verità non solo dalla Bibbia, ma anche dagli autori classici e orientali.Il papa si oppose a 13 di queste proposizioni perché giudicate eretiche e il convegno non ebbe mai luogo.

La successiva pubblicazione di un’Apologia di quelle stesse tesi e di una raccolta di Conclusioni da esse derivate non fecero che aggravare la situazione. Pico della Mirandola si rifugiò quindi presso Lorenzo de’ Medici, che si adoperò, invano, a fargli ottenere l’assoluzione da parte di papa Innocenzo VIII.
A Firenze, Pico divenne amico, oltre che di Lorenzo – al quale dedicò l’Heptalus, commento alla Genesi, a dimostrare l’accordo tra il racconto biblico della creazione e il platonismo – di Angelo Poliziano. A quest’ultimo dedicò invece il trattato De ente et uno [L’essere e l’uno], un tentativo di dimostrare l’accordo tra Platone e Aristotele. La grazia giunse il 18 giugno 1493 da papa Alessandro VI, senza obbligo per Pico della Mirandola di ritrattare le proprie teorie. Continuò i propri studi con il conforto e l’amicizia di Girolamo Savonarola.

Disputationes adversus astrologiam divinatricem

Pico della Mirandola morì, ancora giovane, forse avvelenato, a Firenze il 17 novembre 1494. Morì prima di aver terminato un altro trattato, in cui prendeva posizione contro le scienze occulte, Disputationes adversus astrologiam divinatricem [Discussioni contro l’astrologia indovina].Questo impegno teorico contro l’astrologia, che pretende di derivare dal corso e dalla natura degli astri le vicende della vita umana, era d’altronde coerente con la sua esaltazione del libero arbitrio: se l’uomo è artefice del proprio destino, la sua vita non può dipendere dagli influssi astrali.

Per quanto riguarda la magia, Pico esalta la sola magia naturale, che non infrange l’ordine del mondo, ma piuttosto lo asservisce, utilizzando tutte le energie che sono disseminate in natura; respinge invece la magia dei negromanti, che invocano spiriti e demoni.Per quanto riguarda la cabala – l’arte divinatoria che si pone di svelare il futuro attraverso il calcolo e la combinazione di numeri, lettere e segni – Pico della Mirandola ritiene che serva a penetrare i misteri divini e che sia in accordo perfetto non solo con le dottrine della Chiesa e della filosofia cristiana, ma anche con quelle di Pitagora e di Platone.

Bibliografia