Immanuel Kant nacque il 22 aprile del 1724 a Königsberg, allora capoluogo della Prussia orientale. Kant apparteneva ad una famiglia di origini scozzesi molto numerosa: ben undici figli, ma di questi sopravvissero in pochi e Kant non ebbe buoni rapporti con i fratelli. È descritto in età adulta come un uomo un po’ deforme con la testa più grande rispetto al corpo, alto all’incirca 1.59 metri; e cominciò ad indossare un busto più per vanità che per motivi di salute.La madre seguiva la corrente religiosa del pietismo, nata all’interno del Luteranesimo, che prevedeva un paradigma di vita molto austero e una religiosità che doveva essere vissuta quotidianamente.

Frequentò, quindi, il Collegium Fridericianum, il cui direttore, Franz Albert Schultz, era la più notevole personalità del pietismo in quel periodo.Uscito dal Collegium nel 1740, Kant studiò filosofia, matematica e teologia all’Università di Königsberg, dove il maestro Martin Knutzen lo avviò agli studi di matematica, filosofia e della fisica newtoniana.Immanuel Kant fu precettore privato in alcune case patrizie, prima di ottenere un incarico presso l’Università di Königsberg. Nel 1755 ottenne la libera docenza in questa università e per 15 anni vi svolse i suoi corsi liberi su varie discipline.1766 – divenne sottobibliotecario alla Biblioteca reale. Nel 1770 – fu nominato professore ordinario di logica e metafisica. Tenne il posto fino alla morte, continuando la sua attività con grande scrupolosità e adempiendo ai suo doveri anche quando gli fu difficile a causa della debolezza senile, causata forse dall’Alzheimer. La vita di Kant è priva di grandi avvenimenti drammatici e di passioni, con pochi affetti e amicizie, interamente concentrata sugli studi e sul pensiero filosofico.

Aveva uno stile di vita basato su rigide abitudini. Si alzava alle 4.55 ogni mattina; trascorreva, poi, del tempo nel suo studio, per prepararsi le lezioni e dalle 7.00 alla 9.00 si recava all’università.Tra le 12.55 e le 13 iniziava il pranzo nella sua abitazione, sempre in compagnia e accompagnato da una bottiglia di vino rosso, raramente quello bianco. Era solito cominciare con un  «Dunque, signori? », invitando i commensali alla discussione.Alle 16.00 si recava a fare la sua passeggiata pomeridiana; in merito a essa, si diffuse un aneddoto, secondo  cui  Kant fosse talmente puntuale che gli abitanti di Königsberg regolassero i propri orologi in base ad essa. Una volta in cui non lo videro si preoccuparono a tal punto da andare a controllare presso la sua dimora se non fosse successo qualcosa; al ritorno dalla passeggiata si chiudeva in casa e andava a dormire alle 22.00. Tutto questo si ripeté per ottanta anni.

Kant morì il 12 febbraio del 1804, mormorando «Es ist gut» (Sta bene). Sulla sua tomba si trovano le seguenti  parole, tratte dalla Critica alla ragion pratica: «Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me».

Pensiero filosofico

Collocandosi tra Illuminismo e Romanticismo, Immanuel Kant riconosce alla ragione il compito di condurre una “critica” intorno ai fondamenti di ogni esperienza e di ogni facoltà umana.Nell’attività letteraria di Immanuel Kant si distinguono tre periodi: nel primo, che va fino al 1760, prevale l’interesse per le scienze naturali; nel secondo che va fino al 1781 prevale l’interesse filosofico e si determina l’orientamento verso l’empirismo inglese e il criticismo; nel terzo che va dal 1781 in poi, si delinea la filosofia trascendentale.Al primo periodo risale Storia naturale universale e teoria del cielo. Tale scritto, che comparve anonimo, descrive la formazione dell’intero sistema cosmico, a partire da una nebulosa primitiva, in conformità alle leggi della fisica di Newton.

Non fu estraneo neanche agli avvenimenti politici del tempo, ma appoggiò tanto la Rivoluzione francese quanto la Rivoluzione americana. Il suo ideale politico era quello di una costituzione repubblicana. L’unico episodio spiacevole della sua vita avvenne quando entrò in contrasto con Federico II, che impose la censura in Prussia e non gli fu permesso di pubblicare La religione entro i limiti della ragione. Quando salì al trono Federico Guglielmo III, questi ripristinò la libertà di stampa. Tuttavia, Kant non si occupò più di religione, pur rivendicando ne Il conflitto delle facoltà la libertà di pensiero e della parola, contro gli arbitri del dispotismo, anche nei confronti della religione.

Critica della ragion pratica

In Critica della ragion pratica il filosofo Immanuel Kant determina la natura della legge morale e il genere di adesione che i principi pratici comportano. 

Kant respinge le giustificazioni tradizionali dell’attività morale, come quelle utilitaristiche e teologiche, perché impongono un’etica dall’esterno, di fronte alla quale l’uomo è come passivo. L’attività morale deve essere autonoma. L’obbligazione si presenta allo spirito come una legge che la ragione impone alla volontà. L’imperativo della moralità è categorico, vale a dire incondizionalto, assoluto, di conseguenza universale; di qui la formula: «Agisci in modo tale che la massima delle tue azioni possa essere assunta dalla tua volontà come una legge universale».

Solo le massime che possono essere così universalizzate dalla volontà sono quelle che ci propongono un fine razionale, un fine in sé. Ora, è l’essere ragionevole che esiste come fine in sé; da qui una nuova formula dell’imperativo categorico: «Agisci in modo tale da trattare sempre l’umanità, in te e negli altri, come fine e mai come mezzo». Il “regno dei fini” sarebbe quello «in cui ogni cittadino sarebbe insieme legislatore e suddito».Di qui la terza formula del dovere: «Agisci come se tu fossi legislatore e suddito nel regno delle volontà libere e ragionevoli». Il solo movente deve essere il rispetto della legge.

A questi principi generali della ragion pratica sono legati i postulati etici:

  • quello della libertà, condizione della moralità;
  • quello dell’immortalità dell’anima, necessaria per il compimento della virtù;
  • quello dell’esistenza di Dio, il quale, autore della legge morale e delle leggi naturali, assicurerà l’unione finale della felicità e della virtù.

Critica della ragion pura

Critica della ragion pura è l’opera fondamentale della filosofia di Immanuel Kant. Ad essa lavorò tra il 1770 e il 1781. Pubblicata una prima volta a Riga nel 1781, uscì poi in una seconda edizione ampiamente riveduta nel 1787.

Nella Critica della ragion pura il problema trattato è quello della conoscenza. Secondo Kant, le maggiori filosofie tradizionali, il razionalismo e l’empirismo, non hanno saputo giustificare appieno il giudizio conoscitivo. 

Il razionalismo, infatti, movendo da una concezione innatistica, pur giustificando il conoscere come fatto a priori e quindi necessario e universale, non riesce a spiegare come il sapere abbia poi una capacità espansiva e creativa. L’empirismo, a sua volta, partendo dal presupposto che la conoscenza deriva unicamente dall’esperienza, se riesce a giustificare la capacità espansiva del sapere, non riesce poi a dimostrare come questo sia universale e necessario.

Kant ritiene che il giudizio possa essere considerato valido solo quando ne sia garantita la universalità e la necessità intrinseca, e sia perciò a priori, e nello stesso tempo ne sia anche dimostrata la capacità espansiva, la fecondità, e sia cioè sintetico. Si propone quindi di esaminare il sapere: se esso è basato su giudizi sintetici a priori allora, e solo allora, si tratterà di un sapere del tutto valido.Quindi ricostruisce i successivi momenti della conoscenza. Il primo è quello della sensibilità, studiato nell’estetica trascendentale e caratterizzato dal fatto che la sensibilità è attività intuitiva spazio-temporalizzatrice. Pertanto lo spazio e il tempo sono le pure forme a priori della sensibilità, mediante le quali tutto si costituisce nello spazio e nel tempo, i quali non sono ricavati dall’esperienza, ma sono una pura condizione perché l’esperienza possa costituirsi; la geometria e la matematica sono le due scienze appunto costruite mediante queste attività a priori.

Il momento successivo della conoscenza è quello dell’intelletto studiato nell’analitica trascendentale. Anche l’intelletto è attività che opera secondo pure forme a priori o categorie (causa-effetto, sostanza-accidente, ecc.), che organizzano e sistemano ciò che la sensibilità ha già disposto nello spazio e nel tempo.
La fisica e le scienze naturali sono appunto il prodotto di questa attività dell’intelletto e pertanto sono scienze rigorosamente valide perché basate su giudizi sintetici a priori: «sintetici» in quanto attraverso l’esperienza il sapere si allarga sempre di più; «a priori» perchè questa esperienza si costituisce mediante le categorie che precedono l’esperienza stessa. Nella dialettica trascendentale, infine, Kant esamina l’attività della ragione che, al di là del sapere fornito dall’intelletto nell’ambito della esperienza, mira a cogliere la totalità, cioè l’assieme di tutti i fenomeni, la causa totale e assoluta (Dio) e l’esistenza dell’anima.

In questo sforzo grandioso la ragione usa però illegittimamente le categorie intellettuali e fallisce quindi il suo compito, pertanto una metafisica come scienza è per Kant impossibile. Il senso di una realtà assoluta e totale è tuttavia molto vivo; pertanto Kant è indotto ad ammettere che al di là dell’esperienza, cioè del mondo fenomenico, sia almeno pensabile una realtà in sé, il noumeno.

Bibliografia