Bullismo: aspetti psicologici del bullo e della vittima
Il bullismo viene definito come un’oppressione psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole (Farrington, 1993).
Gli elementi che contraddistinguono il bullismo sono:
∙ violenza relazionale;
∙ l’intenzionalità di provocare intenzionalmente un danno alla vittima;
∙ la persistenza delle azioni ostili (devono durare almeno qualche settimana e possono proseguire per mesi o anni);
∙ l’asimmetria di potere, cioè un disequilibrio relazionale tra bulli e vittime che si basa in genere sulla forza fisica, su differenze psicologiche nella sicurezza in sé o sul potere nel gruppo.
TIPI DI BULLISMO
Esistono vari tipi di bullismo, che possono essere catalogati in:
1. bullismo verbale: Il bullo minaccia la vittima, la deride e insulta dicendole spesso cose cattive e spiacevoli che possono riguardare aspetti della personalità, caratteristiche fisiche (es. handicap o colore della pelle), preferenze sessuali;
2. bullismo psicologico: Il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro pettegolezzi e calunnie sul suo conto;
3. bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con pugni, colpi, calci o spinte, o la molesta sessualmente;
4. cyberbullying o bullismo elettronico: cioè atti di bullismo e molestia compiuti utilizzando mezzi elettronici come e-mail, social network, messaggeria istantanea, blog, smartphone,e siti web.
Il profilo psicologico del bullo
Bullo dominante: ha un forte bisogno di potere, è impulsivo e irascibile, si arrabbia facilmente in quanto presenta una bassa tolleranza alla frustrazione. E’ scarsamente empatico e mostra difficoltà a rispettare le regole, utilizzando la violenza come uno strumento positivo per raggiungere i propri scopi. È aggressivo sia verso i coetanei che verso gli adulti, ha un autostima elevata e presenta uno scarso rendimento scolastico a cui consegue spesso l’abbandono. È dominante e sicuro di sé nelle relazioni sociali e tende a manipolare le situazioni a proprio vantaggio, istigando gli altri e ingannandoli. Ricerca sempre emozioni forti, estreme, deumanizzando la vittima.
Bullo gregario: piu’ ansioso, insicuro, poco popolare, cerca la propria identita’ e l’affermazione nel gruppo attraverso il ruolo di aiutante o sostenitore del bullo. Generalmente i bulli, dietro la loro apparente sicurezza, mostrano dei problemi relazionali destinati a peggiorare con il trascorrere del tempo se le loro modalità relazionali non cambiano. Uno dei rischi maggiori nella vita adulta è lo sviluppo di psicopatie. Gli scambi relazionali dei bulli, secondo quanto rilevato da numerosi studi, sono caratterizzati da deficit relativi a determinate abilità appartenenti alla cosiddetta “intelligenza emotiva” (Goleman D., 1995) e in particolare risentono negativamente di bassi livelli nello sviluppo dell’empatia.
I bulli hanno mostrato di essere meno capaci nell’etichettare in modo corretto le espressioni emotive degli altri, problematica che spiega la tendenza a rispondere in modo aggressivo anche a comportamenti neutri o persino positivi mostrati da altri bambini e ragazzi. Anche il riconoscimento delle proprie emozioni appare basso e quest’ultima risulta connotata da reazioni emotive istintive che prendono il sopravvento su ogni alternativa ragionata. Esistono anche altre caratteristiche piuttosto diffuse tra i bulli che spiegano le loro difficoltà relazionali: esse riguardano le ridotte abilità verbali (Fedeli D., 2005), che sembrano direttamente connesse alla tendenza a mettere in atto costantemente comportamenti aggressivi quando si verificano situazioni relazionali ambigue, dal momento che non esistono sufficienti capacità di dialogo utili al chiarimento di situazioni problematiche.
La vittima:
Una delle principali caratteristiche relazionali è la mancanza di assertività, cioè della capacità di esprimere se stessi, senza essere passivi o aggressivi, aspetto che in senso opposto manca anche ai bulli. Le vittime sono soggetti insicuri, con bassa autostima, che reagiscono con comportamenti di chiusura, timidezza e isolamento se attaccati. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l’’incapacità o difficolta’ di reagire di fronte ai soprusi. Esiste, tuttavia, un altro gruppo di vittime: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiose e aggressive. Possono essere iperattive, inquiete e offensive. Tendono a controbattere e hanno la tendenza a prevaricare i compagni piu’ deboli.
Le conseguenze A causa dell’intenso disagio, le vittime spesso si rifiutano di andare a scuola, per il timore dei compagni e tendono a manifestare sintomi come mal di testa, mal di pancia, ansia, incubi. Essere vittima o bullo per un periodo prolungato di tempo può rappresentare un fattore di rischio. Gli studi longitudinali, già messi in atto da Olweus e altri, rivelano che chi rimane a lungo nel ruolo di prepotente corre più rischi di altri di entrare in quella escalation di violenza che va da piccoli episodi di vandalismo, furti, piccola criminalità, fino a incorrere in problemi seri con la legge. Questi ragazzi hanno quindi più probabilità da adulti di venire condannati per comportamenti antisociali. Per contro chi rimane a lungo nel ruolo di vittima rischia di andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi (“non valgo nulla”, “non sono capace di far nulla”, “gli altri ce l’hanno tutti con me”), a forme di depressione che possono aggravarsi sempre di più, fino a diventare forme di autolesionismo con conseguenze estreme come il suicidio. Il ruolo della famiglia e della scuola Una ricerca ha dimostrato come le scuole e le famiglie siano i più importanti gruppi di socializzazione utili a prevenire il fenomeno del Bullismo; allo stesso tempo però, possono diventarne la causa principale che lo scatena.
Un esame approfondito condotto da Loeber e Hay (1997) ha rilevato che diversi fattori familiari, come la scarsa supervisione dei genitori, il monitoraggio irregolare, la dura disciplina genitoriale, l’incoerenza tra i genitori, la disarmonia tra i genitori, il rifiuto dei genitori e il basso coinvolgimento dei genitori con il bambino, appaiono tutti correlati con problemi di condotta. Un contesto scolastico negativo nel quale la competitività è molto elevata e le regole non sono chiare, stimola i disturbi e l’aggressività degli allievi. L’insuccesso scolastico è uno dei fattori più frequentemente individuati fra quelli che generano disturbi della condotta e associazione con coetanei negativi, mentre l’attaccamento alla propria scuola e l’impegno verso di essa risultano essere fattori protettivi rispetto ai comportamenti devianti e la delinquenza.