Jacques Maritain nasce a Parigi nel 1882, in una famiglia protestante, figlio di un avvocato, Paul Maritain e di Geneviève Favre (figlia del politico Jules Favre). Dopo aver frequentato il liceo Henri-IV, inizia a studiare alla Sorbona dove si laurea dapprima in filosofia e poi in scienze naturali. Qui, tra i corridoi dell’Università, incontra Raïssa Oumançoff, immigrata russa di origine ebraica, che diventerà sua moglie. Nel romanzo autobiografico I grandi amici Raissa ricorda il loro primo incontro: «Divenimmo presto inseparabili. [..] Non esisteva niente al difuori di ciò che dovevamo dirci: bisognava ripensare insieme l’universo intero, il senso della vita, la sorte degli uomini, la giustizia e l’ingiustizia delle società.
Bisognava leggere i poeti e i romanzieri contemporanei, frequentare i concerti classici, visitare musei di pittura, il tempo passava troppo in fretta e non potevamo sprecarlo nelle banalità della vita. Per la prima volta potevo veramente parlare di me, uscire dalle mie riflessioni silenziose per comunicarle, dire i miei tormenti.
Per la prima volta incontravo qualcuno che mi ispirava di colpo una confidenza assoluta; qualcuno che, lo sapevo già da allora, non mi avrebbe mai delusa; qualcuno con cui, su tutte le cose, potevo così ben armonizzare. Un altro Qualcuno aveva prestabilito fra noi, malgrado così grandi differenze di temperamento e di origine, una sovrana armonia».
Inizia così un profondo sodalizio spirituale e intellettuale tra i due, un’avventura di amore e conoscenza mossa da una comune sete di verità che non riesce a trovare risposta nelle lezioni dei docenti della Sorbona imbevuti di relativismo e scetticismo:
«Avevamo appena esaminato ciò che ci avevano portato due o tre anni di studio alla Sorbona; senza dubbio un bagaglio abbastanza importante di conoscenze particolari scientifiche e filosofiche, ma quelle conoscenze erano minate alla loro base dal relativismo degli scienziati, dallo scetticismo dei filosofi. Noi non appartenevamo affatto, con i nostri scarsi vent’anni, al gruppo dei seguaci dello scetticismo, che lanciano il loro “che ne so io?” come il fumo di una sigaretta e trovano d’altra parte la vita eccellente. Eravamo, con tutta la nostra generazione, le loro vittime.
Quest’angoscia metafisica che penetra alle sorgenti stesse del desiderio di vivere, è capace di divenire una disperazione totale e di sfociare nel suicidio. È un’angoscia di questa specie che ho vissuto allora; ma essa fu guarita, che mi è difficile, dopo tanta dolcezza e felicità, risentirla nuovamente in tutta la sua amarezza. Senza dubbio altre angosce sono venute, altri dolori, spesso immensi; ma quell’angoscia lì non l’ho più conosciuta. Tuttavia non l’ho dimenticata: non si dimenticano le porte della morte».
Sarà Henri Bergson a strappare Raissa e Jacques dalle angosce del dubbio e della disperazione che li aveva portati alle soglie del suicidio. Bergson in quegli anni (siamo nel 1901-1902) insegna filosofia al Collège de France, nell’edificio a fronte della Sorbona. Un giorno l’amico Charles de Péguy decise di portarli ad ascoltare le sue affollatissime lezioni. I due ne rimasero affascinati. Come scrive Piero Viotto, che fu docente di pedagogia dell’Università Cattolica e uno dei massimi studiosi del filosofo francese, «Bergson, spiegando Platino, fornì loro la chiave per comprendere la possibilità di conoscere la verità, di sperimentare la libertà e di contemplare l'Assoluto» (Bergson secondo Raissa Maritain in Vita e Pensiero 1997-10). Tuttavia, benché affascinati dagli aspetti metafisici dalla ricerca psicologica di Bergson, Jacques Maritain e Raissa divennero ben presto consapevoli della debole fondazione filosofica del pensiero bergsoniano e cominciarono a preoccuparsi dalle conseguenze che i suoi discepoli traevano dalle sue dottrine.
Nel 1904, dopo due anni di fidanzamento decidono di sposarsi, mentre Jacques sta ancora completando gli studi. Di lì a poco la loro vita subirà una nuova svolta. Il 25 giugno 1905, i coniugi Maritain salgono le scalinate che portano alla Basilica del Sacré-Coeur di Parigi alla ricerca di «uno strano “mendicante” che, disprezzando qualsiasi filosofia, vociferava sopra i tetti la verità divina».
Quel “mendicante ingrato” era lo scrittore Léon Bloy. Da quell'incontro «cominciò il loro cammino verso il Battesimo, e iniziò pel futuro filosofo lo studio della Verità cristiana di cui egli è nel nostro tempo uno dei più alti, autorevoli, ascoltati assertori» (Francesco Casnati, Bloy, Maritain e l'umanesimo integrale in Vita e Pensiero 1968 - 2).
Durante la lunga convalescenza di Raissa per un ascesso retrofaringeo, il domenicano Humbert Clérissac, consigliere spirituale dei Maritain, la invita a leggere la Summa Theologica di San Tommaso d'Aquino. L’entusiasmo nella lettura contagia il marito, che vede in San Tommaso la conferma di molte sue idee. I due «comprendono che si può giungere all'Assoluto non solo con la fede ma anche con l'intelletto e l'uso corretto della ragione».
Scrive Maritain: «Fu dopo la conversione al cattolicesimo che conobbi S. Tommaso; io, che ero passato con tanto entusiasmo attraverso tutte le dottrine dei filosofi moderni e non vi avevo trovato che delusione e grandiose incertezze, provai allora come un'illuminazione della ragione; la mia vocazione filosofica mi veniva restituita in tutta la sua pienezza».La scoperta della filosofia di San Tommaso mette in crisi la fedeltà a Bergson ma non cancella l’influenza profonda del primo maestro di spiritualismo.
Il tomismo, secondo Maritain, è una filosofia progressiva, capace di inglobare nel suo cammino tutte le verità che implicitamente sono presenti nei diversi sistemi filosofici, che si succedono nella storia della cultura e della società. È ciò che emerge dalla raccolta antologica Ragione e ragioni, una serie di testi che coprono tutto l'arco della ricerca filosofica maritatiana, dalla metafisica alla morale, dall'estetica alla politica, dalla teologia alla filosofia della storia.
Lo stesso Jacques nel saggio Da Bergson a Tommaso d'Aquino, riconoscendo i rapporti tra le due filosofie, scrive: «Non dico queste cose con non so quale ridicola pretesa di annettere Bergson al tomismo, ma perché egli stesso pensava che io non avevo avuto torto di dire che la sua filosofia conteneva alcune virtualità non ancora sviluppate; e perché è accaduto che, alla fine, ci siamo ritrovati in un certo modo tutti e due nel mezzo della strada, ciascuno avendo camminato senza accorgersene in maniera di avvicinarsi all'altro: lui, verso coloro che, soli, rappresentano, senza tradirla, la fede a cui io appartengo; io, verso la comprensione un po' meno insufficiente dell'umano lavoro di coloro che cercano senza avere ancora trovato».
In Theonas. dialoghi tra un sapiente e due filosofi su argomenti di diversa attualità, un volumetto scritto in forma di dialogo, Maritain chiarisce la differenza rappresentata dal pensiero di San Tommaso: «il tomismo non rifiuta gli apporti della filosofia contemporanea, ma vuole garantire l'autenticità del discorso filosofico che si differenzia dalla metodologia delle scienze matematiche e delle scienze sociali, perché si muove a livello della intelligibilità dell'essere ed ha per oggetto non la misura di ciò che cambia, ma la contemplazione di ciò che permane».
«Deciso di fare della filosofia di Aristotele e di San Tommaso il centro del suo insegnamento», nel 1912 Jacques Maritain inizia la propria attività di docente, prima al Collegio Stanislao, poi all'Istituto cattolico di Parigi e al piccolo seminario di Versailles.
Dal 1922 al 1939 la casa dei Maritain a Meudon diventa luogo di incontri culturali di filosofi, teologi, scrittori, poeti. Tra gli altri anche il filosofo e giornalista Étienne Borne che, in un’intervista pubblicata nel 1982 su Vita e Pensiero, ricorda così quelle domeniche di studio attorno ad un tema: «Meudon era un'altura dello spirito e un punto di incontri spesso insoliti, dove a volte si annodavano, per gli uni o per gli altri, i fili dei loro destini. Non era una torre d'avorio. Ci si teneva in ascolto dei problemi del mondo a una svolta decisiva del nostro secolo: la grande depressione che sembrava suonate a morto per il sistema capitalistico, l'ascesa dei fascismi e del nazismo, la condanna dell'«Action française» e, più in generale, la scoperta da parte della Chiesa del pericolo rappresentato da tutte le forme del paganesimo politico, il consolidamento all'Est, nel silenzio e nel mistero, del sistema comunista. Di fronte al fallimento e al declino delle idee o dei regimi tradizionali, e in primo luogo di quelle e di quelli che si credevano-liberali e progressisti, si trattava di creare degli strumenti intellettuali che permettessero di pensare la crisi nelle sue molteplici dimensioni e di aprire, malgrado gli avvenimenti apocalittici di cui si avvertiva l'approssimarsi, una breccia alla speranza».
Nel 1936 Maritain pubblicherà la sua opera più famosa, Umanesimo integrale, il frutto più maturo di questo periodo di grande fermento intellettuale, che susciterà immediate polemiche ma che sarà poi il fondamento su cui si reggerà l'impianto del Concilio Vaticano II: gli importanti insegnamenti sulla Chiesa e il mondo, l’apostolato dei laici e la libertà religiosa recano indiscutibilmente il segno dell’umanesimo integrale di Maritain. Il discorso qui iniziato, la possibilità di una società liberale e democratica, cristianamente ispirata, proseguirà in Cristianesimo e democrazia.
Nella prefazione all’edizione italiana del 1977, l’allora rettore dell’Università Cattolica, Giuseppe Lazzati scrive: «È a questa volontà di “pensare la politica” prima di “fare politica” che si offre questo saggio». Tra il 1935 e il 1937 Jacques Maritain prende posizione contro l’invasione dell’Etiopia, il bombardamento di Guernica, la guerra di Spagna. A causa del nazismo i Maritain si trasferiscono negli Stati Uniti (1940-44) e a New York Jacques insegna nelle università di Princeton e della Columbia, tenendo conferenze in numerose città americane.
Nel 1953 Jacques Maritain si ritrova al centro di una polemica dopo la pubblicazione dell’edizione italiana di L’uomo e lo Stato, in cui, diversamente dalle opere precedenti, insiste su un concetto più laico di democrazia come razionalizzazione etica della vita sociale.
Le critiche, rivolte in particolare da padre Messineo su «La Civiltà Cattolica» erano forse attese, come si evince dalle lettere scambiate con il filosofo, che se in un primo momento chiede addirittura di bloccare la traduzione, poi vuole assicurarsi che esca. A proposito Guido Aceti risponde in un articolo del 1954 sulla rivista Vita e Pensiero: «non crediamo che compito del pensatore cattolico sia quello di una ripetizione di tesi note, bensì quello di rimeditare e completare queste tesi con la vivacità di una riflessione che se da un lato guarda alla perennità della tradizione, dall’altro non ha meno vivo il senso della presente contingenza storica» (L’uomo e lo Stato in Vita e Pensiero, 1954 - 4; Vita e Pensiero. Cento anni di editoria. Catalogo Storico 1918-2017). Oggi L’uomo e lo stato è considerato il suo capolavoro di filosofia politica, e, secondo il filosofo Paolo Nepi, «L'opera più organica e sistematica» dal punto di vista della riflessione politica maritainiana (La lezione di Maritain, in Vita e Pensiero 1980 - 9). Nel 1956 esce I grandi amici di Raissa Maritain, felice biografia in cui compaiono i maestri dei due coniugi, da Bergson a Péguy, da Bloy a Georges Rouault (sulla corrispondenza tra Maritain e Rouault vedi anche il saggio di Giovanni Botta Jacques Maritain e Georges Rouault. Una corrispondenza tra estetica e poetica pubblicato nel 2016).
Poco dopo, nel 1960, Raissa muore e Jacques decide di ritirarsi a Tolosa presso la Comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù, dove rimarrà fino alla morte nel 1973.