I linguaggi per facilitare l’apprendimento linguistico

Unire codici linguistici e non linguistici per una didattica efficace

IDEE PER INSEGNARE – I E II GRADO

L’uso integrato di diversi linguaggi, dalla visione di un segmento di film, alla descrizione di un’infografica o di un dipinto, possono rappresentare una chiave di volta per apprendere in modo originale, motivante e inclusivo. Questo articolo propone alcune riflessioni in merito e attività didattiche che mirano a facilitare la lezione nell’intera classe, con particolare attenzione agli studenti con BES.

Questi versi di Dante ci introducono al tema di questo contributo, ossia al rapporto tra l’italiano e i linguaggi:Opera naturale è ch’uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v’abbella.

(Paradiso, XXVI canto, vv. 130-132)I versi del Paradiso mettono in evidenza la relazione tra natura e cultura che fa da sfondo a questo tema. Il linguaggio e la lingua sono naturali o culturali?

La questione è davvero complessa e interessa diversi ambiti disciplinari (neurolinguistico, antropologico, sociologico, psicologico, psicopedagogico…).

Per necessità di sintesi, e con la consapevolezza di un’ipersemplificazione, diremo che il linguaggio (inteso come facoltà umana) è una “dotazione di natura” mentre la lingua è una delle possibili “realizzazioni” di tale facoltà ed è influenzata culturalmente (basti pensare che si parlano e si scrivono tante lingue diverse).

Oltre alle lingue, anche la musica, la pittura, il linguaggio non verbale (gesti ed espressioni, abiti, oggetti, distanze tra i corpi), la segnaletica stradale ecc. sono “realizzazioni” (ciascuna con la propria “grammatica”, ossia un insieme di regole che la governa) comunemente definite “linguaggi”.

Nella necessità della summenzionata sintesi, la nostra trattazione si concentrerà su come un utilizzo strategico di alcuni linguaggi possa facilitare l’apprendimento linguistico contribuendo alla gestione efficace della classe e facilitando l’accessibilità e l’inclusione di tutti gli studenti, e in particolare di quelli con BES.

Il contesto: Classe ad Abilità Differenziate

La nostra ricerca didattica si fonda sull’idea che alcune pratiche didattiche fondamentali per studenti, per esempio, con BES (ovvero l’unica macro-categoria che richiede interventi didattici specifici e non necessariamente prevede per tutte le sottocategorie il supporto di figure specializzate come, per esempio, i docenti di sostegno) si rivelano comunque utili per tutti gli studenti.

Nei nostri studi e ricerche precedenti sulla gestione accessibile e inclusiva della classe, abbiamo elaborato il concetto di Classe ad Abilità Differenziate (d’ora in poi CAD, cfr. Caon, 2008; Caon, Melero, Brichese, 2020) con cui intendiamo sostanzialmente un modo di osservare la realtà delle classi. Nella nostra prospettiva, la classe va intesa non solo come una somma di persone differenti (che è una semplice evidenza) ma piuttosto come un sistema dinamico caratterizzato dall'apporto di ogni persona che lo compone e che agisce in esso. Valorizzare tali apporti differenti è uno dei compiti primari di un docente che agisce secondo tale visione sistemica.

Per gestire efficacemente l’eterogeneità della classe, nelle nostre ricerche abbiamo individuato alcune azioni di cui daremo brevissima sintesi in questa sede (rimandiamo per approfondimenti a Caon, Melero, Brichese, 2020):

  • presentazione di risorse che possano permettere un accesso ai concetti meno simbolicamente mediato come nel caso della lingua (è il caso, per esempio, di un video o di un esperimento di cui parleremo più diffusamente in seguito);
  • diversificazione dei compiti (stratificazione e differenziazione) nello sfruttamento didattico del testo;
  • proposta di compiti aperti (per natura accessibili contemporaneamente a diversi livelli di competenza);
  • ricorso a metodi a mediazione sociale (tra questi, apprendimento cooperativo e tutoraggio tra pari);
  • utilizzo di strategie inclusive e accessibili per studenti con BES.

Lingue e linguaggi in prospettiva didattica

Le lingue sono prodotti essenzialmente culturali e, per la loro natura simbolica e convenzionale, possono porre problemi di comprensibilità a diversi livelli:

  • per gli studenti non italofoni il problema può essere legato a una mancanza delle conoscenze lessicali e/o grammaticali in italiano o alle diverse concettualizzazioni della realtà (si pensi alla distinzione a.C/d.C.);
  • per alcuni studenti con Bisogni Educativi Speciali (si pensi a studenti con DSA) il problema può essere dovuto alla difficoltà di decodifica del segno grafico.

Nella direzione di una facilitazione dell’apprendimento, Elio Damiano (1999) richiama l’importanza all’utilizzo di “mediatori didattici” che l’autore divide in quattro categorie e che si caratterizzano per una maggior o minor “prossimità” alla realtà.

Nel dettaglio, essi si distinguono in:

  • mediatori attivi, ovvero l’esperienza diretta attraverso esplorazioni, attività di manipolazione, osservazione diretta, esperimenti, esercitazioni ecc.;
  • mediatori iconici, ossia immagini, disegni, foto, mappe, reti, grafici, tabelle, modellini e plastici, ma anche video, immagini dinamiche;
  • mediatori analogici, quali drammatizzazioni, esecuzioni di copioni, assunzioni di ruoli, identificazione di regole, simulazioni, giochi di ruolo;
  • mediatori simbolici, infine, come per esempio narrazioni, riflessioni sul linguaggio, definizioni di concetti.

Ogni mediatore ha vantaggi e svantaggi: per esempio, il mediatore simbolico, se non trova riscontro in categorie concettuali conosciute dagli studenti, può risultare non comprensibile. Per questa ragione, Damiano propone un utilizzo integrato dei mediatori e non un percorso lineare dall’attivo al simbolico, quanto piuttosto un percorso reticolare in cui, per esempio, il mediatore simbolico possa essere combinato con mediatori attivi, iconici o analogici.

Questo anche perché: «ciascuno di essi ha una sua modalità di richiamare la realtà» (Damiano 1999, p. 231), ma nessuno ha la facoltà di comprenderla pienamente e trasformarla in apprendimento stabile. L’esperienza, per esempio, può sicuramente favorire la comprensione ma non è solo grazie a essa che si comprende: infatti, sempre secondo l’autore (Damiano 1999, p. 232) non si conosce tramite l’esperienza ma attraverso la riflessione che si fa sull’azione.

Usare i mediatori per facilitare la lezione: alcuni esempi

L’uso integrato di diversi linguaggi, quindi, può facilitare la comprensione e l’apprendimento e rendere la lezione più inclusiva, motivante ed efficace.

Facciamo un esempio: far anticipare la lettura di un capitolo di storia o un capitolo di un romanzo dalla visione di un segmento di un film ispirato a esso, permette un accesso alle informazioni generali che diventa fondamentale per alcuni studenti (per esempio i non italofoni) ed è comunque utile a tutti.

Se consideriamo la facilitazione dell’apprendimento linguistico, occorre fare un’altra riflessione relativa a ogni singolo “mediatore didattico”. Dobbiamo infatti ricordare che la maggior o minor comprensibilità non è data esclusivamente dal mediatore stesso quanto piuttosto dalla relazione tra le preconoscenze degli studenti, dal contenuto che si vuole trasmettere e dalla scelta del mediatore per esprimerlo.Per esempio, se il docente ha uno studente cinese neoarrivato in classe, quando pronuncia la parola italiana “castello” deve sapere che lo studente cinese ha, nella sua mente, l’idea di “castello” (cfr. Caon, Battaglia, Brichese, 2020) ma che la parola italiana “castello” non evocherà probabilmente nulla se non ha già avuto modo di sentirla in un contesto significativo. Mostrando una foto di un tipico castello cinese e una di un castello italiano o europeo (poiché non è detto che i concetti e le loro rappresentazioni coincidano) il docente avrà reso più accessibile il messaggio, facilitando il contenuto attraverso la ridondanza (parola-fotografie ovvero mediatore simbolico-mediatore iconico).

Se, per lo stesso docente nella medesima situazione, l’obiettivo è invece affermare che «il castello è una struttura architettonica composta da uno o più edifici fortificati, tipico del Medioevo, destinata a ospitare un nobile o un signore insieme a una guarnigione di soldati con il loro comandante» (Wikipedia), allora le fotografie potranno solo fornire un’indicazione generale del tema di cui si sta parlando senza andare però nello specifico del contenuto del messaggio.

Allo stesso modo, se abbiamo uno studente con ADHD (Disturbo da deficit di attenzione/iperattività) a cui si mostra una foto di un castello inserito in un paesaggio urbano molto ricco di dettagli c’è il rischio che lo studente non si concentri sul castello ma su altri elementi presenti nell’immagine (elementi distrattori).

Occorre dunque avere una grande attenzione nell’uso dei mediatori e nella loro integrazione che deve essere adattata di volta in volta al contesto e all’obiettivo didattico prefissato.

Attività multisensoriali e supporto di strumenti innovativi

Ciò premesso, al fine di facilitare la comprensibilità del contenuto, il docente può appoggiarsi a due tipologie di attività.

  1. Attività multisensoriali in cui il codice linguistico sia integrato con codici non linguistici (per esempio quello visivo grazie a immagini, disegni, film, grafici, mappe ecc. o musicale) in cui si offre allo studente la possibilità di appropriarsi di nuovi concetti attraverso la simulazione (con attività di drammatizzazione quali il role play, il role making, il role taking ecc. – cfr. Balboni 2006), la manipolazione, l’esperienza diretta, la sperimentazione attiva.
    Presentare attività differenziate e multisensoriali comporta ulteriori vantaggi che permettono, per esempio, di agire sull’apprendimento sia a livello conscio che inconscio. Il valore dell’apprendimento inconscio è stato oggetto di vari studi (Jensen 1994), secondo i quali la gran parte di ciò che si apprende è incidentale, non consapevole.
    Dunque «la stimolazione multisensoriale e il materiale organizzato in modo da stimolare e far crescere intelligenze e stili diversi può agire anche a livello inconscio per migliorare l’apprendimento: mentre la nostra mente conscia si concentra su uno degli aspetti, quella non-conscia annota comunque anche la “visione periferica” e rinforza in questo modo l’apprendimento» (Vettorel 2006, p. 94).
  2. Attività “tradizionali” (per esempio, lettura di un testo a cui seguono attività di comprensione) presentate con il supporto di strumenti e modalità più “innovative”, legate alla multimedialità, all’ipermedialità e al web come risorsa non solo per alcuni contenuti, ma soprattutto per le possibilità di interazione e per sviluppare nuove motivazioni (Per approfondire: La motivazione: una prospettiva didattica) e strategie di studio.
    Proprio l’ottica integrativa ci pare promettente per il nostro discorso perché, da un lato, va incontro ai nuovi modi di elaborare le conoscenze dei “nativi digitali” e alle loro motivazioni intrinseche (legate per esempio alla piacevolezza dello stimolo, cfr. Schumann 1997), dall’altro, non dimentica le forme consolidate di trasmissione e di costruzione del sapere (consolidate nelle forme più “tradizionali” di insegnamento) e comunque affida al docente la responsabilità di gestire e organizzare contesti più complessi d’apprendimento.

In conclusione, starà sempre all’insegnante la modulazione delle attività a seconda della tipologia di classe, ma tale modulazione non impatta sulla progettazione della lezione che può ispirarsi costantemente a una didattica varia, ricorsiva e ridondante e all’utilizzo integrato dei vari linguaggi con il fine di facilitare il processo di apprendimento linguistico.

Le attività didattiche

Passando dalla teoria alla pratica, proponiamo ora alcune attività basate su un uso integrato dei linguaggi, per realizzare lezioni più inclusive, motivanti ed efficaci e per facilitare la comprensione e l’apprendimento.

Riprendiamo, dunque, i mediatori didattici definiti da Damiano (1999):

  • mediatori attivi: esplorazione, manipolazione, osservazione diretta, esperimenti, esercitazioni;
  • mediatori iconici: immagini, disegni, foto, video, mappe, reti, grafici, tabelle;
  • mediatori analogici: drammatizzazioni, esecuzioni di copioni, simulazioni;
  • mediatori simbolici: narrazioni, riflessioni sul linguaggio, definizione di concetti;

e li decliniamo, in ottica integrata, attraverso proposte operative per la Scuola secondaria di primo e secondo grado, che comprendono un’attività da svolgere in presenza (lezione d’aula) e una a distanza (attraverso l’uso del web).

Riferimenti bibliografici

Balboni P. E., Fare educazione linguistica, UTET, Torino, 2006.

Caon F. (a cura di), Educazione linguistica e differenziazione, UTET, Torino 2008.

Caon F., Battaglia S., Brichese A., Educazione interculturale in classe. Una prospettiva edulinguistica, Pearson Italia, Milano-Torino 2020.

Caon F., Melero Rodríguez C.A., Brichese A. (a cura di), L’inclusione linguistica. Facilitare l’apprendimento degli studenti con BES, Pearson Italia, Milano-Torino 2020.

Damiano E., L’azione didattica. Per una teoria dell’insegnamento, Armando Editore, Roma 1999.

Jensen E., The Learning Brain, Learning Point, San Diego 1994.

Schumann J., The Neurobiology of Affect in Language, Blackwell, Oxford 1997.

Vettorel P., Uno, nessuno, centomila: come riconoscere e valorizzare le differenze individuali in classe, in Caon F. (a cura di), Insegnare italiano nelle Classi ad Abilità Differenziate, Guerra, Perugia 2006.