Socrate è forse il primo grande filosofo greco, che ha influenzato tutto il pensiero filosofico occidentale. La vita e il pensiero di Socrate hanno avuto un’eco profonda, che è stata talora paragonata a quella di Cristo o Buddha. Eppure di questa figura sappiamo abbastanza poco.

Socrate nacque ad Atene nel 470-469 a.C. Il padre Sofronisco, era scultore, mentre la madre, Fenarete, levatrice.
Compì ad Atene la propria educazione giovanile, studiò probabilmente geometria e astronomia, e forse fu scolaro di Anassagora. Si allontanò da Atene solo tre volte per compiere il proprio dovere di soldato e partecipò alle battaglie di Potidea, Delio e Anfipoli. Nel Simposio di Platone, Alcibiade parla di Socrate in guerra come di un uomo insensibile alle fatiche e al freddo, coraggioso, modesto e padrone di sé anche nel momento in cui l’esercito era in rotta. Si tenne lontano dalla vita politica attiva. La sua vocazione, il compito a cui si dedicò e si mantenne fino all’ultimo, dichiarando al tribunale che si apprestava a condannarlo che non lo avrebbe in alcun caso abbandonato, fu la filosofia e trascurò spesso l’insegnamento regolare, vivendo una vita semplice con la moglie Santippe e i figli.

Il pensiero di Socrate

La ricerca filosofica era intesa da Socrate come un esame incessante di se stesso e degli altri. Tenta con la ragione di chiarire sé a se stesso, rintracciando il significato profondo del proprio essere uomo. Per questo motivo, Socrate fece proprio il motto dell’oracolo di Delfi «Conosci te stesso», vedendo in esso la motivazione ultima del filosofare e la missione  stessa del filosofo. E poiché, secondo Socrate, non si è uomini se non tra uomini, la sua filosofia assunse i caratteri di un dialogo interpersonale, in cui ognuno, affronta e discute questioni relative alla propria umanità. In questo colloquio incessante, in questa ricerca senza fine, Socrate pose il valore dell’esistenza, convinto che «una vita senza esame non è degna di essere vissuta». Per Socrate la prima condizione della ricerca è la coscienza della propria ignoranza.
Quando conobbe la risposta dell’oracolo di Delfi, che lo proclamava come il più sapiente tra gli uomini, interpretò il responso divino come se avesse voluto dire che sapiente è soltanto chi sa di non sapere, che si riassume nella famosa frase di Socrate so di non sapere.

La prima preoccupazione di Socrate è rendere l’uomo, tramite l’ironia, cosciente della propria ignoranza e di stimolare l’ascoltatore a ricercare la propria verità dentro se stesso.
Da ciò la celebre maieutica, o la celebre arte di far partorire, di cui parla Platone. Questi dice che Socrate aveva ereditato dalla madre la professione di ostetrica. Come questa aiutava le donne a partorire, così Socrate, ostetrico di anime, aiutava gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle cose.Da qui si perviene alla concezione che Socrate ha per la verità. Per egli non esiste una verità assoluta, ma parla di omologhìa, ovvero discorso comune, la ragione condivisa dal maggior numero possibile di individui, alla quale si giunge attraverso il dialogo e il ragionare insieme, mettendo alla prova le diverse ipotesi.

La filosofia di Socrate

La personalità di Socrate aveva qualcosa di strano e di inquietante, che non sfuggiva a chi lo avvicinava. La sua stessa apparenza fisica urtava contro l’ideale ellenico dell’anima saggia in un corpo bello e armonioso. Assomigliava infatti a un sileno (i sileni erano personaggi mitologici dediti al culto di Dioniso, con il volto caratterizzato da tratti sgradevoli, quali labbra molto grosse e naso corto e schiacciato) e ciò era in stridente contrasto con il suo carattere morale e la padronanza di sé. Platone lo paragonò alla torpedine di mare, che stordisce chi la tocca: allo stesso modo, Socrate gettava il dubbio e l’inquietudine nell’animo di coloro che lo incontravano.Eppure quest’uomo, che dedicò la vita alla filosofia e che decise di morire per questa, non scrisse nulla: il più grande paradosso della filosofia greca. Ma non fu un caso: se Socrate non scrisse nulla, fu perché ritenne che la ricerca filosofica, quale egli la intendeva e la praticava, non poteva essere continuata dopo di lui da uno scritto: nessuno scritto poteva suscitare e dirigere il filosofare.

Bibliografia