L’utilità e la bellezza. L’inesauribile ricerca di Leonardo

Il “curriculum” di Leonardo

Leonardo ha trent’anni quando, nel 1482, giunge a Milano, alla corte di Ludovico il Moro probabilmente a seguito di una missione diplomatica inviata dal signore di Firenze, Lorenzo il Magnifico. Si presenta al duca di una città allora prosperosa e grandissima - tanto da essere una delle poche in Europa a superare i centomila abitanti - con una lira scolpita in argento e con la cassa armonica a forma di testa di cavallo. Come ci raccontano alcune fonti, Leonardo è un abile suonatore di questo strumento e vincerà una gara musicale con grande ammirazione degli ascoltatori.

A Ludovico si annuncia con una lettera di presentazione, un vero e proprio curriculum in dieci punti nel quale sono enumerate le sue competenze1. In questa efficacissima lettera di presentazione, egli mira a colpire l’interesse di Ludovico, un uomo che aveva fatto dell’arte della guerra uno strumento di comando e di successo. Ben nove dei dieci punti del suo “curriculum” riguardano infatti le sue abilità come ingegnere militare, soprattutto nell’arte di costruire armi innovative: ponti utili a «seguire, e alcuna volta fuggire [far scappare], li inimici», macchine belliche capaci di «ruinare omni rocca o altra fortezza», carri armati, varie applicazioni idrauliche e strategiche. Scrive: «secondo la varietà dei casi, componerò [costruirò] varie e infinite cose da offender [colpire] e difendere». Solo alla fine lascia spazio alle attività per il «tempo di pace»: costruire edifici, gestire i flussi delle acque, realizzare statue e dipinti per magnificare la gloria del suo mecenate.

Sembra dunque che le qualità che oggi rendono Leonardo il genio universale che tutti conosciamo siano state volutamente relegate nel fondo della lettera, come elementi del tutto accessori. Si tratta però di una accortissima scelta finalizzata a dipingere se stesso come l’uomo giusto di cui Ludovico aveva bisogno per difendere i propri territori e, all’occorrenza, per ingaggiare battaglia. Grazie alla incisiva presentazione offerta in questo curriculum Leonardo ottiene infatti il risultato voluto, tanto che rimane alle dipendenze del duca di Milano per circa vent’anni.

Gli interessi dell’artista: la pittura come scienza

Nonostante questo autoritratto molto mirato sulle proprie capacità militari, Leonardo non rinuncia mai a dedicarsi ai propri interessi di artista e, in particolare, alla pittura. Egli considera quest’arte non una semplice attività estetica, ma una vera e propria indagine scientifica che nasce dalla osservazione della natura. La pittura per Leonardo è vera scienza perché si fonda sul pensiero razionale e sulle discipline matematiche incarnate dalla teoria prospettica, che è in grado di restituire le immagini proprio come esse sono osservate nella realtà. La pittura è quindi la sola arte capace di avvicinarsi ad essa e di riprodurne con fedeltà le forme. Scrive mirabilmente Leonardo che la pittura è a tal punto vicina alla natura da essere sua figlia o sua nipote e addirittura imparentata con Dio, del quale richiama la forza creatrice:Se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice de tutte l’opere evidenti de natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme, mare, siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte d’ombra e lume. E veramente questa è scienzia e legitima figlia de natura, perché la pittura è partorita da essa natura, ma, per dir più corretto, diremo nipota de natura, perché tutte le cose evidenti sono state partorite dalla natura, delle quali cose è nata la pittura; adonque rettamente la chiamaremo nipota d’essa natura e parente d’Iddio (Trattato della pittura, I, § 8).

[Se tu disprezzerai la pittura che è la sola vera imitatrice di tutte le opere che si vedono in natura, certamente tu disprezzerai una grandiosa invenzione che con ragione scientifica considera tutte le qualità delle forme, il mare, i luoghi, le piante, gli animali, le erbe, i fiori, elementi tutti che sono ricoperti di ombra e di luce. E davvero questa è una scienza ed è da considerarsi legittima figlia della natura, perché la pittura è nata dalla natura; ma, per meglio dire, possiamo dirla nipote della natura, perché tutte le cose che si vedono sono nate dalla natura e la pittura è nata da queste cose; dunque la chiameremo correttamente nipote di natura e parente di Dio].Questo brano fa parte del cosiddetto Trattato della pittura,2 un esame dell’arte pittorica basato sugli scritti di Leonardo, ma redatto dopo la morte del maestro. In questo scritto, come in altri di argomento affine, Leonardo riserva alla pittura un retroterra di speculazione rigorosa, fondato sulla matematica e sulla geometria, ma anche sull’anatomia e sulla meccanica degli organi: questa attività è documentata in molte pagine dei manoscritti leonardeschi in cui lo scienziato analizza, per esempio, l’attività dell’occhio, la sua capacità di assorbire i «razzi luminosi» e di cogliere le immagini captate dalla realtà.

I manoscritti: prove, disegni e parole

L’assenza tuttavia di un vero e proprio metodo scientifico – che si stabilizzerà con la rivoluzione scientifica e troverà una sua definizione con l’attività di Galileo Galilei più di un secolo dopo – impone a Leonardo il procedere per tentativi, diremmo oggi per esperimenti, senza una metodologia davvero sistematica. I suoi manoscritti ci restituiscono, come in presa diretta, questo immenso magma di riflessioni e di ricerche in cui lo scienziato avanza per passaggi progressivi, fino ad arrivare alla comprensione del dato osservato. Una comprensione che si forma non solo con le prove (gli esperimenti) ma anche con i disegni e con la parola: infatti la descrizione di una esperienza avviene, da una parte, attraverso un disegno o uno schema e, dall’altra, con una spiegazione di quanto viene osservato e che Leonardo cerca di chiarire attraverso il linguaggio. Sfogliare le pagine dei suoi manoscritti è come avere tra le mani mappe di tesori straordinari, dove disegni, schizzi, appunti, caricature si mescolano con descrizioni di esperimenti, narrazioni di eventi, elenchi di parole, esercizi di grammatica e conti matematici.

Tra le varie opere per il «tempo di pace»

Contrariamente a quanto esibito nel proprio “curriculum”, Leonardo ha dunque dedicato la maggior parte delle sue energie alle opere del «tempo di pace». Scegliamo di evidenziarne due. A Milano è un apprezzato scenografo. Abilissimo creatore di “apparati” e perfino di costumi teatrali per le feste di corte, a lui ci si affida per realizzare soluzioni estetiche e ingegneristiche in grado di suscitare lo stupore degli spettatori. Per il matrimonio di Gian Galeazzo Maria Sforza (nipote del Moro) con Isabella d’Aragona Leonardo organizza nel Castello Sforzesco una spettacolare “Festa del Paradiso”. Il Paradiso viene rappresentato in forma di “semiuovo” dorato all’interno, con diverse luci che suggeriscono il brillare delle stelle e con nicchie dove gli attori, abbigliati secondo la tradizione classica, rappresentano i sette pianeti. Sulla parte superiore dell’uovo sono collocati i dodici segni zodiacali che si muovono a imitazione delle costellazioni del cielo, accompagnati dalla musica e dalla recitazione di poesie che esaltano la bellezza e le virtù della sposa.

Oltre che dell’intrattenimento, Leonardo si occupa a Milano di opere di rilevanza civile, come la progettazione urbanistica secondo concetti di razionalità totalmente ignoti all’età medievale. Tra i progetti che immagina, uno in particolare colpisce la nostra attenzione di uomini del terzo millennio attenti alla gestione degli spazi cittadini e alla salubrità dell’ambiente urbano. Come è testimoniato da alcuni disegni del Codice B dell’Istituto di Francia (datato al 1490 circa), egli progetta una città interamente costruita su due livelli: nel livello più basso vi è la città dei commerci, con le vie d’acqua e le strade adibite alla circolazione di merci e persone; nel livello più alto, la città delle abitazioni, con i palazzi nobiliari e gli edifici della vita civile. Le acque hanno una doppia funzione: da un lato costituiscono un mezzo di trasporto e dall’altro un vero e proprio sistema di fognatura garantendo l’igiene della città nel suo complesso.

Per nostra fortuna Leonardo non ha tenuto pienamente fede alla sua lettera di presentazione: la maggior parte della sua opera si è rivolta alla soluzione di problemi pratici, alla ricerca delle misteriose leggi che governano il mondo naturale, all’indagine delle forme e dei movimenti del corpo umano. Una ricerca inesauribile e meravigliosa verso l’utilità e la bellezza.

Note

1. Leonardo da Vinci, Scritti scelti [19521], a cura di Anna Maria Brizio, Torino, Utet 1996 (rist. aggiornata), pp. 631-633.

2. Leonardo da Vinci, Libro di pittura, edizione in facsimile del Codice Urbinate lat. 1270 nella Biblioteca apostolica vaticana a cura di Carlo Pedretti, trascrizione critica di Carlo Vecce, Firenze, Giunti 1995.