Le vie dell’inclusione nella didattica del testo narrativo

La favola e le thinking routines

APPROFONDIMENTI DISCIPLINARI – I GRADO

Accostarsi al testo letterario con una prospettiva inclusiva è una vera e propria sfida che costringe a fare i conti con l’essenziale, con ciò che un brano può davvero dire a tutti. Due sono le vie proposte in questo articolo per affrontare il tema: utilizzare la favola, genere che sa parlare a tutti, e promuovere la didattica delle thinking routines, che favorisce la personalizzazione e la differenziazione.

La parola “inclusione” contiene nel suo significato l’idea dell’esserci in profondo e dell’essere accolti in uno spazio sicuro, buono, pensato per noi.
L’idea dell’inclusione nel voler raccogliere tutti in una dimensione comune, in realtà, permette a ciascuno di essere ciò che è, realizzando quindi la più alta ambizione dell’essere umano, la libertà.
In relazione all’approccio del testo letterario nella Scuola secondaria di primo grado la prospettiva inclusiva è una vera e propria sfida che costringe a fare i conti con l’essenziale, con ciò che un testo può davvero dire a tutti; è il coraggio di dover tornare al punto zero, spogliare il testo di tutti i suoi significati altri, fioriture stilistiche e indagini critiche per riportarlo alla sua dimensione più originale e vera e alla domanda più semplice e profonda che un testo porta: cosa ha a che fare con me quello che ho letto? Cosa mi insegna?
Solo così si può creare quello straordinario ponte che supera gli ostacoli delle differenze e delle fragilità di ognuno e regala quel saper fare e saper essere che porta sulla via della conoscenza.
Ciascuno coi suoi tempi, con le sue idee, con le sue difficoltà e i suoi indiscussi talenti.
Immaginiamo l’inclusività nella didattica del testo letterario come una mappa di un percorso che ha strade proprie, vie in salita, ponti e scorciatoie e vediamo come si possa fare di un testo narrativo letterario una guida per tutti e un insegnamento a ciascuno. Abbiamo individuato due vie: la favola, in particolare quella di Esopo, e la didattica delle thinking routines che, essendo basata sulla personalizzazione e la differenziazione e sviluppando il pensiero critico, è molto adatta per garantire l’inclusione.

La favola ed Esopo: la prima via dell’inclusività

Se cerchiamo un maestro che sappia spiegarci i fondamenti di una didattica inclusiva nella lettura dei testi, possiamo guardare a Esopo. Perché proprio un autore così lontano dai grandi teorizzatori delle intelligenze multiple e dai grandi pedagogisti del secolo appena passato? Perché Esopo è il capostipite del genere letterario più inclusivo che esista, la favola, il genere narrativo che per primo si conosce all’inizio della Scuola secondaria di primo grado; non è un caso che sia così, è insieme al mito uno dei generi letterari più antichi, di cui tutti hanno esperienza più o meno diretta di ascolto o lettura.

La favola antica ha il marchio dell’inclusività, dato che il suo scopo fondamentale è quello di parlare a tutti e insegnare i grandi valori, la via del bene e quella del male, con la chiarezza cristallina di esempi che tutti possono comprendere e interpretare: l’astuzia della volpe, la vanità del cervo, la cattiveria della serpe…

Possiamo ritrovare i personaggi delle favole nella nostra vita di tutti i giorni, nei colleghi, nelle persone che conosciamo, in noi stessi anche; è così anche per i nostri studenti che avranno fatto esperienza molte volte di situazioni in cui l’unione fa la forza, in cui le liti non portano a nulla, in cui i bugiardi non vengono più creduti.

La semplicità della favola e del suo linguaggio serve uno scopo altissimo, rendere il messaggio di immediata comprensione e, nella ripetitività di caratteri e di morali, offrire un impagabile allenamento alla vita e agli incontri che la vita ti offre. 

La lezione di inclusività che il nostro maestro Esopo ci dà è di sicuro la più antica, ma allo stesso tempo è anche la più funzionale, dal momento che da secoli le sue storie sono le prime che si imparano a conoscere e ad amare. Seguiamo quindi le sue orme e, per i testi narrativi che leggeremo insieme ai nostri ragazzi, i suoi tre semplici passi.

  • Andare al cuore del testo: cercare storie semplici che insegnino valori grandi, storie non troppo lunghe, facili da ricordare e anche da raccontare di nuovo.
  • Partire da una parola: distillare il senso del testo in una o più parole chiave, atemporali e valide sempre (funziona benissimo anche per i testi letterari e aiuta moltissimo nel brainstorming di introduzione a una storia o a un genere letterario: esempi possono essere “prova” per fiaba, “intelligenza” per il genere giallo, “emozione” per l’horror… e per la favola “parola”). Devono essere parole grandi che hanno significato per la vita di ciascuno: sono parole amiche, presenti nella vita, nei sogni e nei ricordi e possono essere un ponte di unione tra generi letterari e temi affrontati.
  • Cercare l’aggancio con la vita di tutti i nostri alunni attraverso le domande fondamentali: anche per te è così? Hai incontrato anche tu qualcuno come i personaggi di questa storia? Hai capito anche tu che a volte si trova aiuto da chi mai avresti immaginato te lo potesse offrire? Hai capito per chi è stato scritto questo testo? Qual è per te, per la tua vita, la sua “morale”?

A questi primi tre passi dobbiamo aggiungerne altri a volte un po’ in salita, che richiedono lo sforzo di stimolare un approccio il più possibile personale e differenziato al testo; un po’ come in effetti succede con le favole, in cui a raccontarle di nuovo ciascuno aggiunge elementi che le rendono un po’ sue.

La storia stessa della vita di Esopo è una favola di inclusività: secondo la leggenda Esopo era uno schiavo zoppo e balbuziente che, per la sua generosità e altruismo, riceve da una misteriosa quanto potente fanciulla (probabilmente una delle Muse) il dono più prezioso, la parola fluente, la parola che salva da una situazione di difficoltà e regala una seconda possibilità.

Dall’imperfezione della parola al magistero della stessa: ecco la lezione inclusiva del mito e della leggenda di Esopo; in ciascuno esiste una scintilla di talento imbrigliato, imperfetto e trattenuto.

Difficile trovare una lezione di vita più inclusiva di questa. Una lezione basilare per noi docenti: trovare il talento più vero dove è più difficile immaginarlo.

Le thinking routines: la seconda via dell’inclusività

Proviamo a percorrere insieme una nuova strada dell’inclusività, che passa attraverso i sentieri del pensiero, unici per ciascuno e diversi per tutti.

Esiste una didattica del testo narrativo che più di ogni altra si presta a essere inclusiva, proprio perché può essere adatta a tutti e performante per ciascuno: è la didattica che si ispira liberamente alle cosiddette thinking routines tipizzate dall’Università di Harvard e dal suo Project zero.

La filosofia che sta dietro questo tipo di didattica è quella dello sviluppo del pensiero critico in tutti e per tutti, secondo l’ottica della personalizzazione e della differenziazione più vera; questi suggerimenti didattici si basano sull’idea che il pensiero sia sempre in movimento, un passo dopo l’altro sui cammini della conoscenza e che abbia i suoi sentieri per rispondere alle domande provocate da un testo.

Immaginare, trovare simboli e analogie, mettersi nei panni degli altri, riflettere su ciò che si pensava prima e su ciò che si pensa ora, fare connessioni, arrivare al punto sono tutte possibilità altre di rivedere un testo e farlo proprio.

Quello che Gardner sosteneva fosse «il più grande errore commesso dall’insegnamento in passato», cioè «quello di trattare tutti i ragazzi come fossero varianti di uno stesso individuo, e sentirsi così giustificati nell’insegnare loro lo stesso argomento» (citato in L. d’Alonzo, La differenziazione didattica per l’inclusione, Erickson, Trento 2016) viene superato da una modalità di lettura, interpretazione, rielaborazione e discussione sul testo stesso profondamente personali.

La tool box, la scatola degli attrezzi, di questa nuova didattica cui ci ispiriamo permette un approccio decisamente personale e inclusivo e si può applicare a tutte le tipologie di testo e a tutte le intelligenze.

Ecco alcuni esempi di questi sentieri che partendo dal testo attraversano il pensiero.

1. Un’attività per descrivere e immaginare: Guardo, penso, immagino (o mi chiedo)

Questo esercizio stimola le capacità di concentrazione e di osservazione, di elaborare ipotesi guardando un’immagine e stabilire connessioni con il testo letto, di immaginare e raccontare una storia o di cercare fonti e informazioni.

Come si applica in classe? a. Guarda: si parte da una immagine (che può essere evocativa del testo che si è appena letto) e si chiede allo studente di descrivere ciò che vede.

b. Pensa: si chiede agli studenti di pensare al modo in cui quell’immagine è collegata al testo oppure a cosa altro può rimandare.

c. Immagina (o chiediti): si chiede agli studenti di inventare una storia a partire da quell’immagine oppure di riflettere su cosa comporta o cosa si prova a essere in quella situazione.

2. Un’attività per sintetizzare: Colore, simbolo, immagine

Questa attività si basa sulla personalizzazione di concetti o emozioni che emergono da un testo come la paura, la gioia, l’ottimismo, la delusione, lo spirito d’avventura, la fantasia.

Questo sentiero del pensiero chiede di distillare l’essenza di un’idea grande in un testo (per esempio la paura in un testo horror) in un linguaggio non verbale fatto di colori, simboli, immagini.

Serve per sviluppare una vera capacità di sintesi che vada all’essenza del testo stesso.

Si può poi organizzare una discussione commentando i lavori e le scelte di ciascuno.

3. Un’attività per andare al cuore del testo e delle idee: Rifletto, collego, mi metto alla prova

Questa attività porta a una riflessione profonda nel cuore del testo e a collegare idee nuove a conoscenze pregresse, trovando degli agganci anche nella propria vita.

Dopo aver letto un testo possiamo suggerire una riflessione (magari su un tema o su un personaggio) che parte da queste domande.

Come si applica in classe? a. Rifletti: ti ricordi qualche altro personaggio con le stesse caratteristiche?

b. Collega: dove l’hai incontrato? Trovi delle somiglianze nei testi che presentano lo stesso tipo di personaggio? Sai immaginare perché?

c. Mettiti alla prova: pensa in grande, pensa a te! Il modo di comportarsi di questo personaggio ricorda qualcosa di cui hai esperienza? Racconta.

4. Un’attività per andare oltre il testo: Prima pensavo che, adesso penso che…

Questa attività permette di fare un passo oltre il testo e considerare anche il processo del pensiero stesso e la sua bellezza, la possibilità di una evoluzione in relazione a qualcosa che già si conosceva o che invece si è appena letto e che ha modificato le nostre convinzioni.

Dopo la lettura di un testo narrativo che si presti a questo tipo di attività e che susciti domande profonde possiamo invitare i nostri studenti a individuare una tematica e a esprimere la propria opinione in forma scritta o orale: Prima pensavo che.… ma adesso penso che…

5. Un’attività dal testo a noi: Chi sono io?

Questa attività spinge a una riflessione profonda su chi siamo, sui nostri legami e sulla nostra identità anche in relazione alle sfide di un futuro sempre più mutevole. Può essere usata anche per un’attività legata all’insegnamento dell’Educazione civica.

Dopo la lettura del testo si chiede di fare una riflessione che parta dal testo: in che modo questo testo parla di me? O io proprio non c’entro nulla? Chi sono io? Chi sono le persone che mi sono care? A quali posti appartengo? Quali sono per me le cose davvero importanti?

Si può declinare l’attività con risposte scritte cui possono essere aggiunti disegni o immagini che rispondano a queste sezioni.

Come si applica in classe?a. Indago su me stesso: chi sono io? Come mi definisco? Cosa posso dire di me?

b. Le mie radici: chi è importante per me? Perché? Quali sono le cose o i luoghi che mi appartengono e a cui io appartengo?

c. Io e gli altri: come mi vedono gli altri?

d. Chi voglio essere: come voglio essere in futuro? Sono sulla buona strada? Cosa voglio cambiare di me? Cosa mi aiuterà?

Un ponte nell’inclusività: il pensiero visibile

Un ponte sicuro che ci faccia passare oltre la frammentazione del sapere è l’idea del cosiddetto “pensiero visibile” (thinking visible) per cui tutto ciò che scaturisce dalle attività che abbiamo proposto prima e da suggerimenti didattici simili o da discussioni, analisi, ragionamenti deve essere poi reso concreto, visibile per tutti attraverso poster, immagini, post-it, mappe, slogan che rimangono come testimonianze parlanti del processo creativo del pensiero.

Così si realizza in questo nostro strano mondo moderno l’antico sogno del conoscere che è soprattutto conoscere sé stessi. Dall’ombelico del mondo al cuore della nostra vita.