Testimoni della legalità

Videolezioni in cui vengono raccontate le storie dei martiri della legalità. Per aprire i files cliccare sui titoli in grassetto.

Video dedicato alle vittime di mafia

Giovanni Falcone: Il documentario biografico racconta la vita di Giovanni Falcone. Attraverso interviste, testimonianze e immagini del passato il video descrive il percorso professionale ed esistenziale del giudice assassinato a Capaci dalla mafia il 23 maggio 1992 insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti della scorta.

Paolo Borsellino: Per la prima volta sullo schermo, le parole pronunciate da Paolo Borsellino davanti al C.S.M. che gli italiani non hanno mai ascoltato. Il 31 luglio 1988 il giudice viene convocato davanti al C.S.M. a causa delle interviste rilasciate a “La Repubblica” e “l’Unità”, nelle quali denunciava il preoccupante stato di smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Borsellino, minacciato dall’ombra di imminenti provvedimenti disciplinari, parla per oltre 4 ore davanti al Consiglio Superiore, condannando con forza l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto attivati dallo Stato contro la Mafia. Il pomeriggio dello stesso giorno verrà ascoltato Falcone. Brani di queste audizioni tesissime, mai rese pubbliche integralmente, sono raccontate in “Paolo Borsellino Essendo Stato”, il film documentario di Ruggero Cappuccio, che offre anche uno spaccato sulla vita del giudice palermitano.

Carlo Alberto Dalla Chiesa: Per il ciclo Diario Civile, un ricordo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con l'introduzione del Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. L’indagine privata di Dora, una ragazza alla soglia dei trent’anni che cerca notizie sul nonno, ucciso dalla mafia cinque mesi prima che lei nascesse. Aiutano Dora Dalla Chiesa a ricostruire la vita del Generale i giudici Gian Carlo Caselli e Armando Spataro, l’ex Generale dei Carabinieri e dei servizi Giampaolo Sechi, l’ex ministro democristiano Virginio Rognoni, il giornalista Attilio Bolzoni, il figlio di Pio La Torre Franco e il giudice che disvelò le attività della loggia P2 Giuliano Turone.

Rosario Livatino: Classe 1952, originario di Canicattì, uomo mite e religioso, magistrato appassionato. Negli anni Ottanta, come giudice del tribunale di Agrigento, mette in ginocchio la “stidda”, applicando i metodi investigativi di Giovanni Falcone. A Rosario Livatino, assassinato a 38 anni dalla criminalità organizzata, è dedicata la puntata di “Diario Civile” dal titolo “Il ragazzo con la toga”, con un’introduzione del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti. Il documentario, firmato da Alessandro Chiappetta rende omaggio a un protagonista dell'antimafia spesso poco ricordato, raccontando la sua vita familiare, la sua fede e le vicende legate al suo omicidio.

Giancarlo Siani: La Napoli in fermento culturale, artistico, musicale. Ma anche la Napoli della “guerra” dove si affrontavano a colpi di omicidi i clan della Nuova Famiglia, il cartello avversario della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo. E’ la città degli anni ‘80, quella di Giancarlo Siani, il giovane cronista del “Mattino” ucciso il 23 settembre 1985. La vicenda di Siani viene rivisitata dalla nipote Ludovica, anche lei giornalista, e rivive attraverso le affettuose testimonianze del fratello Paolo, dell’amica Chiara Grattoni, oltre alle ricostruzioni di Roberto Saviano, Maurizio De Giovanni, Luigi Necco, Sandro Ruotolo, Alessandro Barbano, direttore del Mattino, e molti altri.

Giovanni Spampinato: Cronista appassionato e scrupoloso, corrispondente da Ragusa del quotidiano palermitano “L’Ora”, Giovanni Spampinato ha soltanto 26 anni quando viene ucciso con sei colpi di pistola.
Nel dopoguerra, a Ragusa vengono trovati giacimenti di petrolio che rappresentano una fonte di prosperità per la popolazione. Spampinato segue la crescita della sua città che diventa centro di sviluppo del malaffare economico della Sicilia, crocevia di traffici di armi e droga, rapporti con la mafia, e anche luogo nevralgico dell’eversione di destra degli anni Sessanta, con campi di addestramento di stampo paramilitare delle organizzazioni neofasciste.

Rocco Chinnici: "La cosa peggiore che possa accadere, e’ essere ucciso. Io non ho paura della morte… e so benissimo che possono colpirmi in ogni momento” . Suonano come una premonizione le parole del giudice Rocco Chinnici, nel giorno in cui ricorre la sua morte. Aveva 58 anni quando esplode un autobomba, una Fiat 127, parcheggiata davanti alla sua abitazione in via Federico Pipitone a Palermo. Con Chinnici muoiono il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Ad azionare il detonatore è il killer mafioso Pino Greco. Si spegne così , il padre fondatore del pool antimafia, di cui facevano parte Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello.

Don Pino Puglisi: A Palermo nel quartiere Brancaccio, un commando di Cosa Nostra uccide don Giuseppe Puglisi. Parroco da tre anni del rione, il sacerdote non aveva esitato a contrapporsi con grande coraggio ai boss della zona, soprattutto battendosi per sottrarre alla loro influenza i bambini altrimenti destinati al reclutamento criminale. Per l’omicidio di don Pino Puglisi verranno condannati all’ergastolo il boss Giuseppe Graviano, ritenuto il mandante, e, a 16 anni di detenzione, Salvatore Grigoli, ritenuto l’esecutore materiale.

Don Peppe Diana: Il 19 marzo 1994 viene ucciso Don Giuseppe Diana, parroco di Casal di Principe. Negli anni la sua figura è diventata un’icona non soltanto per la chiesa ma per tutto il territorio casertano, per molto tempo regno incontrastato del clan dei Casalesi. Roberto Saviano ricorda il suo rapporto col sacerdote la cui vicenda avrebbe ispirato il pentimento di alcuni camorristi. L’eredità del sacerdote è nel lavoro di Libera, che nelle terre confiscate ai clan nel casertano, opera tutt’oggi con cooperative agricole che promuovono i prodotti tipici del luogo nel nome di Don Diana. A ricostruire la vicenda, saranno i familiari e gli amici del sacerdote, giornalisti ed esperti di camorra, oltre ai giudici Franco Roberti, Francesco Curcio e Raffaele Cantone.

Giuseppe Impastato: E' il 9 maggio del 1978. Mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi, in Sicilia, Peppino Impastato muore, a 30 anni, dilaniato dall’esplosione di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Sin da giovanissimo, Peppino si è battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. A dare l’ordine di uccidere Impastato è il capo indiscusso di Cosa Nostra negli anni Settanta, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito di Peppino in “Onda Pazza”, il programma di punta di Radio Aut, la Radio libera che lo stesso Impastato ha fondato a Cinisi nel 1977.

Giuseppe Fava: 5 gennaio 1984 - Ore 22.00, lo scrittore, giornalista e sceneggiatore Giuseppe Fava viene ucciso da 5 proiettili alla nuca. A sparare è la mafia. Nato il 15 settembre del 1925 in provincia di Siracusa, Fava affianca al giornalismo una brillante carriera di drammaturgo: il film “Palermo or Wolfsburg”, tratto dal suo romanzo “Passione di Michele”, vince l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1980. Nello stesso anno, gli viene affidata la direzione del “Giornale del Sud” e ne fa un quotidiano coraggioso, in prima fila nel denunciare le attività mafiose a Catania. Licenziato dal “Giornale del Sud”, continua la sua campagna antimafiosa sulla rivista “I Siciliani” , in cui pubblica l’anno prima un’inchiesta-denuncia (“I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa”) sui collegamenti fra quattro importanti imprenditori catanesi e il clan di Nitto Santapaola.

Boris Giuliano: Ucciso in un agguato mafioso ordinato da Leoluca Bagarella il 21 luglio 1979, il capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, fu tra i primi a capire le trasformazioni criminali di Palermo negli anni Settanta e a cogliere i rapporti tra politica e Cosa Nostra. La sua vicenda , umana e professionale, è la centro del nuovo appuntamento con “Diario Civile” dal titolo “Boris Giuliano, un commissario a Palermo” di Alessandro Chiappetta, regia di Agostino Pozzi, con un’introduzione del Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. Giuliano fu anche il primo a indagare su Totò Riina negli anni in cui il boss stava prendendo il potere e stava preparando la mattanza che avrebbe insanguinato Palermo dal 1978 al 1983. Tra le ultime indagini un’enorme evasione fiscale che poteva essere una tangentopoli ante litteram, le esattorie dei cugini Salvo e il caso De Mauro.

Pio La Torre: Il 30 aprile del 1982, viene assassinato a Palermo Pio La Torre. Con lui, nella macchina crivellata dai colpi dei sicari, c'è anche Rosario Di Salvo, il compagno di partito che gli faceva da autista e guardia del corpo. Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato Prefetto di Palermo immediatamente dopo quell'attentato, a chi gli chiede perché la mafia abbia ucciso Pio La Torre, risponde “per tutta una vita”. Il deputato comunista Pio La Torre si è sempre schierato in difesa degli ultimi, e in Sicilia questo ha voluto dire battersi contro gli interessi illeciti della mafia. Sua anche la rivoluzionaria proposta di legge, che per prima ha previsto il reato di associazione di stampo mafioso e la confisca dei beni dei condannati.

Mauro Rostagno: C’erano tante sfumature nella vita e nel pensiero di Mauro Rostagno, tutte spente in una sera d’autunno quando viene assassinato su incarico della mafia trapanese. Sociologo, leader del movimento studentesco del ‘68, tra i fondatori di Lotta Continua, nel 1979 Rostagno aderisce al movimento arancione e con la compagna Chicca Roveri e l’editore Francesco Cardella, fonda “Saman”, la comunità per il recupero per tossicodipendenti. Proprio mentre sta facendo ritorno nella sede della comunità a Lenzi di val D’Erice, il 26 settembre 1988 Rostagno è vittima di un agguato mortale. Aveva solo 46 anni. A 'Il tempo e la Storia' Michela Ponzani ne parla con lo storico Giovanni De Luna.